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22 Feb 2020

A distanza di un anno dal primo storico trofeo societario la Dinamo Banco di Sardegna conquista sul parquet del PalaDesio la seconda Coppa Italia, era il 22 febbraio 2015

È difficile non pensare al back to back come un’impresa epica nella storia della Dinamo. Non tanto per il percorso in crescendo con una finale straordinaria disputata, quanto per un semplice motivo: il Banco di Sardegna non era più l’underdog della stagione passata, non era più la cenerentola al primo ballo, era una delle favorite, aveva vinto l’anno primo al Forum di Assago ma soprattutto aveva già messo in bacheca la Supercoppa italiana in ottobre. In più, elemento assolutamente da non sottovalutare, ci fu l’inserimento in corsa del camerunense Kenny Kadji, decisivo nella manifestazione per la sua propensione alla doppia dimensione, la sua capacità di giocare da centro aprendo il campo con il tiro da tre punti.

Come tutte le Final Eight le insidie erano tante anche in quell'edizione, la pressione con Cremona era palpabile, la Dinamo era favorita e si sa, in questo tipo di partite, la classica buccia di banana è sempre dietro l'angolo. Giocammo i peggiori tre quarti delle Final Eight, facendo una fatica bestiale a scrollarci di dosso la Vanoli di Pancotto. Edgar Sosa, dominicano fumantino di grande talento, diede la scossa, una bomba e un contropiede di Logan furono l’apripista di un break che evitò l’arrivo in volata e consegnò la semifinale alla Dinamo con un po’ di sofferenza. Per conquistare la finalissima Sassari doveva superare un avversario che poi divenne il nemico storico dell’anno 2015: la Reggio Emilia degli italiani, di coach Menetti, Polonara, Cervi, Della Valle, Cinciarini, ma soprattutto la Reggio di Kaukenas, vero leader dentro e fuori dal campo, reduce dall’incetta di titoli senesi. Fu una delle massime dimostrazioni di quanto l’atletismo e la fisicità contano nello sport moderno e l’emblema fu rappresentato da Mussini che non riusciva a superare la metà campo in palleggio. Ma gli emiliani avevano tante frecce al loro arco, la compattezza di gruppo, un sistema collaudato, la zona 3-2 che cercò di limitare i post basso e lo strabordante impatto di Shane Lawal a rimbalzo. Lo strappo decisivo nel terzo quarto con un primo parziale fondamentale targato Logan. Non solo David ma anche Kadji, come detto, fu una pedina chiave per aprire il campo con i suoi tiri dall'arco contro la zona che fecero saltare i piani reggiani. Kaukenas non mollò fino alla fine, la Dinamo aveva la stessa fame dell’anno precedente, gli stessi occhi anche con protagonisti diversi.

Adesso l’ostacolo insormontabile, la Milano di Luca Banchi, che sventato il pericolo nei quarti con Avellino, voleva regalare ad Armani uno dei primi trofei, grazie ad un roster pazzesco. Le finali sono segnate da episodi che poi si rivelano decisivi, dei segnali chiari, la Dinamo ne mandò subito diversi dalla palla a due con Logan che andò a schiacciare e iniziò una micidiale “strisciata” da 3 punti. Milano aveva capito che se voleva vincere doveva tirare fuori il massimo del suo arsenale. Pensate: c’erano Ragland, Marshon Brooks, Melli, Hackett, il talento cristallino di Linas Kleiza, Alessandro Gentile, Samardo Samuels, David Moss, ragazzi vi rendete conto che squadra? Ma la Dinamo di quel 22 febbraio aveva qualcosa dentro che assomigliava molto al fuoco, l’Olimpia ci provò in tutte le maniere e sembrò girare la partita nel secondo quarto, rientrando da -20 a -2 a 20” dall’intervallo. Vi ricordate i segnali? Rimessa da fondo e schiacciata sulla sirena di Rakim Sanders, che valeva molto di più del +4 sul tabellone, valeva il cambio di inerzia. Lo stesso numero 7 con Dyson, Logan e Lawal furono autori di un secondo tempo pazzesco, la bomba di Brian Sacchetti in chiusura di terzo quarto l’ennesima freccia scagliata nel cuore di Milano. Ragland caricava a testa bassa, Samuels provava a fare a sportellate sotto canestro, Melli fu l’ultimo ad arrendersi, ma la Dinamo aveva qualcosa in più, lo sfondamento preso da Dyson nel finale di gara fu la fotografia di quella storica vittoria, la seconda consecutiva. Sassari non solo aveva riscritto la storia, aveva giocato una finale pazzesca, segnando 101 punti, l’aveva superata con 14 triple (7 di Logan), 18 rimbalzi offensivi e 116 di valutazione, tutto quello che il basket spettacolo potesse chiedere, unito alla vittoria. Il run&gun di Meo Sacchetti aveva raggiunto la sua massima espressione contro un sistema completamente opposto come quello di Banchi. Il ritmo, l’energia, i tanti possessi e la fame di quella Dinamo superarono qualsiasi trama tattica.

Il Banco aveva messo la seconda pietra miliare sul cammino che portava ad un incredibile triplete, il 22 febbraio 2015 rimarrà scolpito per sempre nella memoria di un popolo, che riconosceva in Sassari e nella Dinamo l’orgoglio di riscatto di un’isola intera. 

I tabellini:

Olimpia Milano 94 - Dinamo Banco di Sardegna 101

Parziali: 21-33, 26-18, 19-26, 28-24

Arbitri: Lamonica, Difrancesco e Sardella

Olimpia Milano: Ragland 21, Brooks 18, Gentile 5, Cerella, Melli 12, Meacham, Kleiza 8, James 2, Hackett 12, Samuels 10, Moss 6. All. L. Banchi

Dinamo Banco di Sardegna: Logan 25, Sosa 5, Formenti, Sanders 20, Devecchi, Lawal 9, Chessa, Dyson 27, Sacchetti 5, Vanuzzo, Brooks 6, Kadji 4. All. M. Sacchetti

 

 

Sassari, 22 febbraio 2020
Ufficio Comunicazione
Dinamo Banco di Sardegna