Salta al contenuto principale

UN PRESENTE CHE SI RACCONTA SULLO SCORRERE DI ISTANTANEE LEGATE AL PASSATO. UN PRESENTE IDENTITARIO ED ANCORATO ALLA TRADIZIONE SARDA E ALL’ISOLA, ALLA CITTÀ DI SASSARI, IL TEATRO SU CUI L’AGIRE CESTISTICO DIVENTA PASSIONE E REGALA SPETTACOLO.

“Cosa poteva offrire Sassari ai giovani nei primi anni Sessanta? Una partita al biliardo da Natalino, qualche film e l'immancabile passeggiata in piazza d'Italia. Poi tutti a casa a vedere la televisione, magari da amici che quell'infernale apparecchio lo avevano già (la nostra televisione di Stato aveva appena mosso i suoi passi). Ma c'era chi non era d'accordo con questo tipo di vita e, siccome la pallacanestro già da un bel po' era sport conosciuto anche da noi, qualcuno pensò bene di passare il tempo libero dallo studio dedicandosi ad essa. Ma dove, e come? Allenatori non ce n'erano – o ce ne erano pochi – campi su cui esibirsi neppure. Ma, presso le scuole elementari di San Giuseppe, esisteva un campetto malandato con due canestri ancora più malandati”.

 

L'incipit del libro di Flaminio Mancaleoni è la fotografia migliore del seme il cui germoglio ha generato il presente della storica società sassarese. Tutto comincia nel lontano 1960, nasce dalla fortunata idea avuta da dieci giovani ragazzi sassaresi (Pietro Barracani, Rosario Cecaro, Graziano Bertrand, Antonio Manca, Giovanni Pilo, il primo presidente della Dinamo purtroppo scomparso, Bruno Sartori, Antonio Lavosi, Roberto Centi, Francesco Soccolini e Salvatore Virdis). Ragazzi come tanti ancora oggi si ritrovano a giocare all’ombra del canestro, ed a sognare di diventare grandi dello sport. L’idea e l’intuizione che genera la scintilla che fa divampare l’incendio, scatena la passione e scrive la storia. Il progetto è valido e conquista consenso. Si sviluppa passando dalle sapienti mani di Giovanni Pilo, Alessandro Ponti e Sandro Agnesa, massimi dirigenti della prima era sassarese, arrivando sino all’Avvocato Dino Milia, l’uomo che trasformò la Dinamo in grande società professionistica e regalò a Sassari la A2, ed a Luciano Mele, colui che dopo 50 anni ha reso possibile e confermato un sogno sperato e condiviso da tutti i suoi predecessori: la Lega A. Nomi e persone indimenticati ed indimenticabili protagonisti della storia, cui si è aggiunto Stefano Sardara, dal 2011 alla presidenza della società. Uomini che hanno vissuto e vivono con intensità ogni momento, che hanno saputo superare le difficoltà ed hanno raccolto, raccolgono e si spera raccoglieranno i frutti dell’impegno profuso.

La pellicola di celluloide torna indietro e mostra allo sguardo un gruppo di studenti del Liceo Azuni, storico istituto scolastico sassarese, che si davano sportiva battaglia a colpi di palleggi e di canestri sul campetto delle scuole elementari di San Giuseppe. Così comincia tutto. Il 23 aprile del 1960 il gioco diventa realtà cui dare un seguito e un futuro. L’atto di affiliazione alla Federazione italiana pallacanestro è la base su cui nel 1963 la Dinamo gioca la B regionale sul campo del “Meridda”. Dal “Meridda” alla palestra del Coni, la squadra sale di categoria ma retrocede. Si intravedono i primi movimenti sul mercato continentale e sassarese, c’è Silvio Angius, arriva anche il ripescaggio in serie C nazionale, c’è il contatto la società “Sa Posada”. Qualcosa di interessante sta per accadere in città, non un fenomeno passeggero e legato alla moda, ma un’idea radicata destinata a durare nel tempo. Nel frattempo, a cavallo fra i ‘60 ed i ‘70, si succedono alla presidenza Giovanni Pilo, Alessandro Ponti, Sandro Agnesa e Dino Milia: ognuno fa la sua parte, prova a dare il suo contributo al progetto, rafforzandolo ed ancorandolo ed identificandolo alla realtà isolana.

I primi anni ‘70 fanno temere per un possibile tramonto dell’epopea della palla a spicchi e, conseguentemente, della Dinamo. Il ‘74 si gioca in serie D, c’è aria di rinnovamento. In biancoblu (storici colori della maglia che ancora oggi fanno bella mostra di sé sui parquet dell’Italia dei giganti) arrivano nuove e giovani leve, l’Avvocato Dino Milia trova il primo sponsor da sposare alla maglia (L.I.S.A. Parodi), il connubio è tutto sardo, l’avventura comincia e si concluderà solo in pieno terzo millennio. Nel 1975 si punta alla B ma si ottiene la C. La Dinamo cambia impostazione, sbarca in città l’ex giocatore “Mimì” Anselmi nel ruolo di direttore tecnico: una splendida storia di amicizia e di passione scritta fra lui e la sua Dinamo, scritta da un uomo di valori e valore, scomparso nel maggio 2011 ma destinato a restare come pietra miliare lungo il percorso di crescita della società sassarese. Lo sponsor Olio Berio si affaccia sulla scena, mentre il settore giovanile comincia a dare ottimi frutti. Nel 1979 anche la Sella&Mosca entra a far parte del mondo Dinamo, piazzale Segni si prepara ad ospitare il palazzetto dello sport, in panchina c’è Sergio Contini: il primo anno è di rodaggio, la promozione in B arriva in quello successivo.

Gli anni ’80 si aprono con una retrocessione, ma nel 1982, l’anno dei Mondiali di calcio e del palazzetto in piazzale Segni, la Dinamo gioca in serie B, ma ancora una volta tutto si rivela effimero. Le difficoltà non mancano, ma carattere e forgia isolana e sassarese tengono comunque a galla il progetto. È ancora promozione, con Pierpaolo Cesaraccio, in campo ed in panchina, Giampaolo Doro, Peppone Pirisi e Sergio Milia sono alcuni dei grandi protagonisti del periodo. La svolta è vicina, lo sponsor diventa la Banca Popolare, la società scalda i motori. È il 1989: l’anno della prima impresa. La stagione in cui con De Sisti in panchina, Max Bini, Mario Porto e Lino Mura in campo, la Dinamo battendo Siena corona aspirazioni, sogni e speranze di Sassari e Sardegna regalandosi la prima volta in serie A2.

La A2 era una sfida molto affascinante ma particolarmente complessa, che nonostante tutto i biancoblu affronteranno sul parquet per ben 17 anni. Il primo lo raccontano fra gli altri coach Cesare Pancotto in panchina, i primi due americani della storia sassarese, Floyd Allen e Tom Sheehey, ed il playmaker Lino Lardo. Il campionato da matricola non è affatto semplice. La squadra va in visita ufficiale al Quirinale ricevuta dal Presidente della Repubblica e sassarese doc Francesco Cossiga. La prima storica salvezza arriva sul filo di lana e dopo due tempi supplementari: la città e l’Isola esultano. L’amaranto della maglia lascia spazio al biancoverde, la “Pintadera” fa la sua comparsa sulla canotta sassarese e suggella l’inizio del rapporto fra la Dinamo e il Banco di Sardegna, rapporto basato su fiducia e volontà di collaborare per regalare continuità al progetto. Sono gli anni della Dinamo Banco di Sardegna Sassari. Il ricordo scorre passando in rassegna le prodezze di top player come Comegys e Thompson, la crescita del giovanissimo Emanuele Rotondo che si avvicina in modo determinante ai destini del team sassarese, il tandem Miller-Frederick, “Iceman” Bonino e Federico Casarin (oggi all’Umana Venezia), il roccioso gigante Curcic e l’indimenticabile artista della schiacciata “Crazy” George Banks, i playoff giocati contro Livorno nel1998, l’amara retrocessione del ’99 e la fusione con Forlì dell’anno successivo.

Si riparte dalla Dinamo vestita di bianco verde Banco di Sardegna, dall’Avvocato Dino Milia, da Emanuele Rotondo diventato sempre più stella, ma la squadra non ingrana, si cambia tanto in campo ed in panchina, la retrocessione è quasi evento ineluttabile e stavolta Sassari si ritrova a giocare in serie B. Un brutto colpo, ma la società non smobilita ed anzi rilancia per assaltare sin da subito il bersaglio grosso, per riportare l’orgoglio sardo alla ribalta di una platea che merita e sulla quale ha dimostrato di poter giocare. Ci vogliono però tre sofferte stagioni per rivedere la Dinamo Banco di Sardegna in paradiso. Emanuele Rotondo è talento che non abbandona la barca, arrivano fra gli altri Carrizo, Faggiano, Rolando, Guarino, Diego Ricci e Laezza. La squadra domina i campionati ma la prima volta si arrende ai quarti di finale contro Cefalù, la seconda in finale con Osimo, e solo al terzo tentativo consecutivo, con Franco Ciani in panchina, il palazzetto di piazzale Segni diventa bolgia indiavolata, spinge la squadra al successo e celebra la Dinamo Banco di Sardegna risorta e tornata in serie A2. Faina guida la nave al porto della tranquilla salvezza nel 2004, l’anno dopo Luciano Mele entra in società: Giorgio Valli è al timone ed al termine di un match al cardiopalma, contro Imola, arriva la conferma della categoria. È questo l’anno dell’addio dell’Avvocato Dino Milia, che dopo 33 lunghi anni alla guida della Dinamo Banco di Sardegna passa la palla e il testimone, fra commozione, passione e applausi. Inizia una nuova stagione e la pellicola ricomincia a scorrere sino ai giorni nostri. Luciano Mele resterà in sella per sei stagioni, coadiuvato dai suoi soci e da suo figlio Pinuccio Mele, che ricopre il ruolo di general manager societario. Nonostante l’ottimo lavoro svolto da Demis Cavina, il coach lascerà Sassari per scelta, dopo la finalissima playoff persa con Soresina, la squadra viene affidata alla grintosa esperienza di coach Meo Sacchetti e Ugo Ducarello, suo vice già ai tempi di Capo d’Orlando. Trent Whiting in azione (2008-09) L’organizzazione della prestigiosa Final Four di Legadue targata “Reale Mutua” (con Stefano Sardara ad avvicinarsi sempre più all’universo biancoblu) è la festa di compleanno per i 50 anni della società. La rincorsa playoff culmina nella vittoria in finale sulla Prima Veroli, regalo atteso e particolarmente gradito, tributo ad una società, ad una squadra, ad una tifoseria, ad una città e ad un’Isola che non si sono arrese alle difficoltà e che oggi, a pieno diritto siedono al tavolo dei giganti italiani del basket in Lega A.

Né calcoli né proclami, solo spirito di sacrificio e lavoro in allenamento e in campo. Con Stefano Sardara entrato a far parte della compagine societaria del presidente Luciano Mele, la matricola sarda inizia il suo viaggio sui tortuosi tornanti della Lega A. A Sassari arrivano Travis Diener e James White, il confermato staff tecnico si arricchisce del gradito ritorno di Paolo Citrini, già vice con Cavina, e può contare su una solida base di conferme italiane, su tutti i veterani Manuel Vanuzzo e Jack Devecchi. Con Caserta, alla seconda di campionato, arriva la prima vittoria in Lega A, ogni gara è un evento di pubblico e identitaria passione, si soffre, si perde e si vince, sino a che la salvezza è in cassaforte ed impensabilmente Sassari si ritrova in corsa per un posto playoff. La post season spalanca le sue porte ai biancoblu: una spettacolare riedizione cestistica del Davide contro Golia. Vanuzzo e compagni vincono gara1 nel tempio milanese della palla a spicchi, poi cedono la serie in un PalaSerradimigni che non smette un solo istante di applaudire i suoi beniamini. Risultato storico, festeggiato e stampato a chiare lettere nella memoria, in un’estate che però assume presto il colore della paura. La scomparsa della società è possibilità concreta all’orizzonte. La città e la Sardegna rischiano di perdere una assoluta eccellenza. Il lampo è tutto nel sussurro che racconta di Stefano Sardara intenzionato a ragionare sull’acquisizione della società. Il giovane imprenditore sassarese esce allo scoperto e lavora al progetto. Sono giorni di snervante attesa, la fumata è bianca, la Dinamo passa dalla famiglia Mele a quello che, pochi giorni dopo, sarà decretato presidente dal Cda biancoblu. Inizia la rincorsa, fatta di punti fermi in panchina e sul parquet. Il colpo a effetto è il ritrovato accordo con il Banco di Sardegna come primo sponsor, storia che si rinnova con entusiasmo e continua. E poi ancora tanti marchi che scelgono di correre al fianco della squadra, le 3400 tessere abbonati, l’entusiasmo di una piazza pazza per la Dinamo. Una Dinamo che affonda le radici nel tessuto sociale ed imprenditoriale dell’Isola, che parla la lingua della Sardegna, che rappresenta con orgoglio la Sardegna, i sardi e la tradizione isolana. Il viaggio è lungo, tortuoso e ricco di insidie. La Dinamo Banco di Sardegna ha alle spalle un popolo intero, ed è pronta, ancora una volta, a fare la sua parte.

La Dinamo Banco di Sardegna Sassari riparte ancora dalla Lega A ma versione 2011-2012, riparte da una solida base fatta di oltre mezzo secolo di storia vissuta sul parquet, difficile e proprio per questo gratificante, costruita sull’Isola e grazie all’Isola, terra che ha accolto il seme del basket e lo ha coltivato, curato e fatto crescere sino a farlo diventare splendido e solido albero, da ammirare con soddisfazione e, soprattutto, da preservare. La Dinamo, alla sua seconda stagione alla ribalta della Lega A italiana, riparte dal passato e dal felice e fortunato legame che unisce la squadra simbolo della Sardegna al riconoscibile simbolo della “Pintadera”. Era il 1990 quando dopo la storica conferma in serie A2 conquistata dalla “Popolare”, scaduto il contratto di sponsorizzazione, la Dinamo dell’Avvocato Dino Milia si rivolse al Banco di Sardegna, istituto bancario isolano che il 26 giugno accetta la sfida della palla a spicchi e scende in campo al fianco della pallacanestro sassarese. Una scommessa giocata e vinta, un rapporto che supera le stagioni, che vive le emozioni delle vittorie e dei traguardi sfiorati, le delusioni delle retrocessioni e la gioia del ritorno al paradiso, matrimonio di lunga data che nell’estate 2011, quella della grande paura, della speranza, del passaggio di proprietà, dell’esultanza sarda e dell’inizio dell’era targata Stefano Sardara, si è rinsaldato nel quadro di una positiva, propositiva, lungimirante e sinergica collaborazione. Il Banco di Sardegna è main sponsor della Dinamo, come tanto a lungo era stato. Il marchio bianco verde e la “Pintadera” colorano il presente biancoblu: una nuova affascinante partita da giocare al massimo delle possibilità, da giocare assieme al Banco, all’intera Isola di Sardegna, alle Istituzioni ed agli sponsor che hanno sposato il progetto. Il presidente Stefano Sardara è ancora saldamente al timone del club, coach Sacchetti è al timone del roster, fra conferme e nuovi arrivi la squadra prende forma secondo una precisa filosofia umana e cestistica. A dicembre l'ultimo tassello va a posto con l'arrivo del giovane centro dell'Alabama Tony Easley. La stagione è esaltante, costruita sul lavoro e sul basso profilo di chi fa parlare il campo. Arrivano vittorie prestigiose, lacune destinate a rimanere come cartoline memorabili nel cassetto dei ricordi del popolo biancoblu. La lunga serie di vittorie (40 punti e 20 vittorie in regular season), il PalaSerradimigni che diventa una fortezza inespugnabile, la Final Eight di Coppa Italia a Torino, la vittoria di Travis Diener nella gara di tiro da tre punti all'All Star Game. E poi ancora la straordinaria serie dei quarti di finale giocata e vinta sul 3-0 contro la Virtus Bologna, i due buzzer beater firmati da Drake Diener e dal capitano Manuel Vanuzzo, la storica semifinale scudetto con gli attuali campioni d'Italia della Montepaschi Siena conclusa con una sconfitta in un PalaSerradimigni vestito a festa. Una cavalcata carica di emozioni che ha regalato alla Dinamo la chance di giocare in Eurocup, una grande opportunità che per la prima volta vede una formazione sarda fare il suo ingresso nell'olimpo della pallacanestro continentale. La Dinamo non è solo sport ma anche impegno nel sociale, attraverso attività strategicamente rivolte alla tutela dei soggetti che necessitano di particolare attenzione e ad una cura speciale dedicata ai giovani e alla loro crescita fisica e mentale. Su queste basi, fortemente voluta dalla società cestistica sassarese, nel 2011 è nata la Fondazione Dinamo, che opera nell’ambito territoriale della Regione Autonoma della Sardegna con finalità di solidarietà e partecipazione sociale nei settori dell’assistenza, della beneficenza, dell’istruzione, della formazione e dello sport dilettantistico. Ciò che racconta il 2012-2013 della palla a spicchi sassarese è una storia di sport e di Sardegna ricca di imprese, di emozioni di sogni che si realizzano, di passioni che ardono, di uomini, di cuore, di grande basket. La pre season regala la Dinamo all'Isola, a Barcellona l'urna lancia Sassari in Europa inserita nel gruppo H con Siviglia, Stella Rossa e Orlèans. La Dinamomania è fenomeno che dilaga, la società guarda al suo pubblico, alla sua gente, alla Sardegna intera e mentre il termometro degli abbonamenti tocca quota 3600 la giostra ricomincia a girare con tanti volti noti ancora sulla scena e nuovi innesti di valore chiamati a dare una mano al rodato roster affidato come sempre alle attente cure di coach Meo Sacchetti. Sassari parte forte, resta sul pezzo, non fa proclami ma sta nel gruppo di testa. Quando le suggestioni continentali si mescolano allo scorrere delle gare di Lega A. Quando le vittorie contribuiscono a rendere fortino inviolabile il PalaSerradimigni. Quando a Varese solo il ferro nega il canestro al tiro di capitan Vanuzzo. Quando la Dinamo non molla e ribatte colpo su colpo mandando a referto ottimi risultati contro avversari di livello e una classifica che vale la Final Eight di Coppa Italia (sconfitta in semifinale da Siena, poi vincitrice del trofeo). Quando in piazzale Segni la vittoria sui biancorossi varesini vale lo storico primato biancoblu. Quando l'entusiasmo della città e dell'Isola sono onda che trascina e travolge tutto e tutti sino a portare il Banco allo storico traguardo record dei 44 punti a sole due lunghezze dalla capolista Cimberio. Quando al termine di una serie infuocata giocata e persa con Cantù il palazzetto è bolgia che fra le lacrime festeggia orgogliosa i suoi giganti, allora come nel recente passato, si capisce cosa la Dinamo Banco di Sardegna rappresenti per la sua gente.

Comincia con due novità la stagione 2016-2017. La prima è la conferma come allenatore del general manager Federico Pasquini. Non è stata, per la verità, una novità assoluta, perché Pasquini aveva preso in mano la squadra già nella stagione precedente, ma si era trattato di una soluzione di emergenza: a campionato in corso Meo Sacchetti era stato sostituito da Calvani che, però, aveva rassegnato le dimissioni dopo alcune partite conclusesi con altrettante sconfitte. Visti i buoni risultati, nella stagione successiva il presidente Sardara decide di confermare Pasquini nei due ruoli, general manager e allenatore. L’esperimento riesce, perché Pasquini può costruire la squadra che aveva in mente. Il roster viene rimaneggiato e, tra gli altri, arriva il play Rok Sitpcevic che si fermerà a Sassari per altre stagioni. Arrivano anche i risultati: la Dinamo si qualifica per le Final Eight di Coppa Italia, che si disputano a Rimini, e va in finale, dove viene battuta da Milano. Alla fine della regular season è quinta, disputa i play off e viene sconfitta ai quarti da Trento. In Europa arrivano i successi più gratificanti. La Dinamo partecipa alla Champions League, istituita dalla Fiba, ed è questa la seconda novità. La Champions nasce quell’anno in alternativa all’Eurocup (i biancoblu vi erano stati inseriti reduci dalla Eurolega della stagione precedente) alla quale la Fiba aveva diffidato i club dal parteciparvi. I ragazzi di Pasquini vengono inseriti nel girone E con AEK Atene, Partizan Belgrado, Zielona Gora (Polonia), Besiktas (Istanbul), Ludwigsburg (Germania), Spirou Charleroi, Szolnoki Olaj (Ungheria). La Dinamo entra nei play off per la Final four e riesce ad arrivare ai quarti di finale (battuta dal Monaco che si qualifica per le F4). La Champions viene vinta da Tenerife.
La stagione 2017-2018 parte con ottime premesse. Dopo i successi dell’anno precedente il roster viene rivoluzionato e viene, oggettivamente, rafforzato e non di poco. Arrivano, tra gli altri, Dyshawn Pierre e Achille Polonara, l’affidabile centro Darko Planinic e il cecchino Scott Bamforth. Viene riportato a Sassari anche Marco Spissu, reduce dai successi di Bologna dove era stato determinante per riportare la Virtus in serie A. Effettivamente l’inizio di stagione è convincente e promettente: nel mese di settembre partecipa alla Supercoppa (con Venezia, Milano e Trento) quale finalista di Coppa Italia e viene sconfitta da Venezia. Nella seconda metà di campionato arriva una serie di sconfitte inaspettate. Per dare una scossa alla squadra (ed evitare i rischi di scivolare nella palude della zona retrocessione) Pasquini lascia e viene sostituito da una vecchia conoscenza della Dinamo e del pubblico sassarese: Zare Markovski. Alla fine delle regular season è decima, per la prima volta da quando è in A non disputa i play off.

Promette bene la stagione successiva nella quale viene ridisegnato l’assetto della prima squadra. Nel 2018-2019 in panchina viene chiamato Enzo Esposito, uno dei grandi nomi del basket italiano. Rinnovato anche lo staff tecnico, con i due vice Edoardo Casalone e Gerry Gerosa. Novità anche nel roster: arrivano Smith come play, McGee (da gennaio), Petteway (che Esposito si porta da Pistoia), e il robusto centro Cooley. Confermato in gran parte il roster della precedente stagione, compreso, ovviamente Jack Devecchi che ha preso il posto di Manuel Vanuzzo nell’estate 2015 come capitano della squadra. Le cose non vanno benissimo a inizio stagione e nel febbraio del 2019, dopo una sconfitta, Esposito si dimette. Viene sostituito da Gianmarco Pozzecco proprio alla vigilia della Coppa Italia. La scossa fa bene alla squadra che batte Venezia e va in semifinale dove viene sconfitta da Brindisi (e quella Coppa Italia viene vinta dal Cremona, allenato da Meo Sacchetti).
Con l’arrivo di Pozzecco la squadra cambia volto e arrivano i successi. In primo luogo, in Europa: nella Europe Cup vince il girone, supera anche il second round. Poi, vince ottavi e quarti di finale e, in semifinale, incontra l'Hapoel Holon: anche in questo caso vince andata e ritorno e, in finale, trova i tedeschi del Wuerzburg: li supera all'andata (di 5 punti) e al ritorno e così alza al cielo per la prima volta nella sua storia una coppa europea.
Grandi emozioni e grandi successi anche in campionato: la Dinamo è quarta nella regular season e nei play off batte prima Brindisi, quindi la capolista Milano con un inequivocabile 3-0. Si va in finale con Venezia. Sassari sogna di nuovo lo scudetto. È durissima, si va a Venezia sul 3-3 ma la Reyer si aggiudica la gara. I biancoblu tornano a Sassari da vicecampioni ma la piazza d’Italia, gremitissima, le festeggia da vincitori.

Sembrava la stagione d’oro della Dinamo, sicuramente una delle migliori. La 2019-2020 comincia con Gianmarco Pozzecco in panchina, ovviamente confermato, e alcuni nuovi innesti nel roster, inizialmente McLean come centro e dopo, soprattutto, Miro Bilan, più altri innesti importanti, Michele Vitali e Smith (il play, andato in Turchia, a stagione in corso rientra in Italia e alla Dinamo). È anche la stagione d’oro di Marco Spissu e di tutta la squadra. Si comincia con la Supercoppa, disputata a Bari, e vinta dai biancoblu che in finale battono Venezia dopo un supplementare e rifacendosi, in un certo senso, della sconfitta in finale play off nella stagione precedente, che aveva visto i veneti prevalere e aggiudicarsi lo scudetto. 
Dopo cinque vittorie e tre sconfitte arriva una serie vincente di vittorie fino alla sedicesima di campionato che garantiscono alla Dinamo l’accesso con quattro giornate di anticipo in Coppa Italia, dove viene eliminata ai quarti dal Brindisi trascinato da un Banks strepitoso (37 punti).
Le cose vanno alla grande anche nella Champions: i biancoblu nella regular season ottengono undici vittorie, le stesse dei fortissimi turchi del Turk Telekom, ma sono secondi per differenza punti.
Intanto incombe il Covid. Si comincia a vietare al pubblico l’accesso agli stadi. In un ambiente surreale i sassaresi vincono a Roma contro la Virtus, e sarà l’ultima di campionato. In Champions si va a Burgos dove, dopo lunghe trattative e la minaccia della Dinamo di ritirarsi, si gioca a porte chiuse. La Dinamo perde ma finisce là: tutti i campionati sono interrotti e i sassaresi tornano a Sassari con un volo speciale, per cominciare, come tutti, il lock down. Nel campionato italiano il titolo non viene assegnato (la Dinamo chiude al secondo posto in classifica).

Si riprende, nella stagione 2020-2021 con il covid che ha lasciato e continua a lasciare pesanti strascichi nelle attività sportive, che sono consentite solo a livello agonistico e senza pubblico. Strascichi, dunque a livello di gioco e spettacolo e nei bilanci delle società, in tutti i campionati e in tutti gli sport. La Dinamo si presenta con questo roster: Marco Spissu, Christian Martis, Luca Sanna, Miro Bilan, Kaspar Treier, Vasilije Pusica, Massimo Chessa, Filip Kruslin, Ethan Happ, Jack Devecchi, Toni Katic, Marco Antonio Re, Jason Burnell, Eimantas  Bendzius, Luca Gandini, Stefano Gentile, Justin Tillman. Un roster lungo ma solo apparentemente perché ai tanti problemi si aggiungeranno anche due infortuni seri, a Pusica e a Jack Devecchi, che dovranno concludere anticipatamente la stagione.
Ma i problemi non finiscono mai. Il covid costringe ogni tanto le squadre alla quarantena e anche la Dinamo, nella primavera del 2021, è tra queste: il rinvio delle partite di campionato e di Coppa costringerà i biancoblu a un tour de force che comprometterà in rendimento dei giocatori in alcuni incontri chiave. In Champions due sconfitte, con Saragozza e Bamberg, determinano l’eliminazione con due giornate di anticipo. Nel campionato si va a fasi alterne. Alcune sconfitte iniziali sono recuperate grazie a una lunga serie di vittorie: la Dinamo è terza alla fine del girone di andata, quinta alla fine della regular season (a causa di una sconfitta inaspettata nell’ultima giornata contro la già retrocessa Cantù), cosa che le fa affrontare nei play off Venezia: dopo un 2-0 pareggia con due superbe prestazioni al Palaserradimigni ma a Venezia perde nell’ultimo quarto.
La stagione era cominciata con una surreale supercoppa, giocata nella “bolla” del Geovillage di Olbia (Dinamo sconfitta in semifinale) e, nel febbraio 2021 nuova eliminazione di Coppa Italia contro Pesaro. Finisce con il saluto a Gianmarco Pozzecco: il rapporto tra il coach e la società era arrivato al capolinea. Pozzecco andrà a Milano, come vice di Ettore Messina. La Dinamo chiama in panchina Demis Cavina, che aveva già allenato la Dinamo nel 2007, quando i biancoblu erano ancora in A2 e lottavano per la salvezza.
 

La stagione 2021-2022 comincia con due novità che sono nuove relativamente perché si tratta di vecchie conoscenze della Dinamo. La prima è, appunto, Demis Cavina. Il coach emiliano arriva da Torino dove per un soffio aveva mancato la promozione. Socio di maggioranza del Torino era Stefano Sardara che proprio a fine stagione aveva ceduto la sua parte e aveva portato a Sassari il coach di quella squadra. Cavina ha come assistenti il confermato Gerosa e Baioni, anche lui vecchia conoscenza Dinamo. E tra i giocatori arriva anche il sempreverde David Logan, uno dei protagonisti e degli artefici della conquista dello scudetto. Tra squadra e Cavina non si stabilisce, probabilmente, il giusto feeling e le prime partite, in campionato e in coppa, vanno male. Il coach emiliano viene così sostituito con un altro emiliano, Piero Bucchi. Rivoluzionato anche il roster. Sostituiti ala e play americani (Spissu era andato via e aveva trovato un “atterraggio” europeo) con il talentuoso Robinson e il già noto Miro Bilan che aveva lasciato la sua squadra nell’Ucraina invasa.
Dopo un girone di andata da bassa classifica, nel ritorno la Dinamo ottiene una serie di dieci vittorie su quindici partite ottenendo l’accesso ai play off e alla Supercoppa 2022. Nei playoff supera i quarti battendo Brescia dopo aver espugnato una volta il Pala Leonessa e vincendo due volte a Sassari. Non ce la fa in semifinale contro la fortissima Milano, che vincerà lo scudetto.
Le premesse della stagione 2022-2023 sembrano le migliori. Nella Dinamo e tra i tifosi c’è un clima di fiducia. Già nel corso della precedente stagione la società aveva deciso per un rapporto a lungo termine con il coach Bucchi e lo aveva messo sotto contratto fino al 2025. Bucchi è un allenatore di esperienza quarantennale: è stato coach in prestigiose piazze del basket, da Milano, a Brindisi e Napoli, città alla quale è affettivamente molto legato.
L’inizio del campionato non è però come ci si aspettava. Numerosi infortuni compromettono il risultato soprattutto nelle gare più importanti, in alcuni scontri diretti con le squadre in lotta per la salvezza o per acciuffare i play off. La Dinamo naviga per un po’ nelle acque pericolose della bassa classifica ma poi, vincendo a Reggio Emilia comincia la risalita. Da allora si inanellano vittorie su vittorie imboccando decisamente la strada verso i play off. Sempre quarta in classifica, a causa dei risultati dell’ultima giornata la Dinamo scivola al quinto posto e si trova ad affrontare il Venezia dell’ex Marco Spissu. Sconfitta in gara 1 dei quarti ma, dopo, non c’è più storia: Venezia è battuta nettamente in casa e poi nelle due partite di Sassari. Ma in semifinale c’è Milano: “mission impossible”, impossibile davvero, Milano stende tutti, dopo la Dinamo anche la Virtus Bologna e va a vincere l’ennesimo scudetto.
La stagione si è conclusa con un addio eccellente, Jack Devecchi appende le scarpette al chiodo dopo una vita dedicata al basket e dopo diciassette anni con la Dinamo. Un record non solo per la Dinamo ma anche per il basket italiano. Jack ha vissuto tutte le stagioni della Dinamo, quelle belle e quelle meno belle, ha contribuito a raggiungere i grandi successi, lo scudetto, il triplete, la Europe Cup. È arrivato a Sassari ventenne, con la Dinamo in A2 e l’ha accompagnata fino alle vette del basket. È stato anche il capitano più longevo della Dinamo: ha indossato la fascia dopo lo scudetto, sostituendo Manuel Vanuzzo, e l’ha tenuta sino alla fine. Assieme a Jack ha salutato Dinamo e il basket anche Massimo Chessa che con la Dinamo ha vissuto la bella stagione dello scudetto e che, dopo alcune esperienze a Roma, è tornato a Sassari quando la squadra aveva bisogno anche di lui.