
Uno dei carnevali più importanti ed interessanti della Sardegna va in scena ad Ottana rappresentato da tre personaggi: su Merdule, su Boe e sa Filonzana.
I carnevali come da protocolli sanitari non avranno la possibilità di sfilare dal vivo, in attesa di ritornare in presenza, rimangono le storie, i valori, le tradizioni, il fascino delle feste in Sardegna
LE MASCHERE DI OTTANA
Uno dei carnevali più importanti ed interessanti della Sardegna va in scena ad Ottana rappresentato da tre personaggi: su Merdule, su Boe e sa Filonzana. Nelle maschere dei Merdules sono evidenti le tracce degli antichi culti del Mediterraneo arcaico, in cui risulta radicato il culto della fertilità.
Rappresentano il bue (Boes) e il pastore (Merdules), determinano il dominio che l’uomo esercita sull’animale. Su merdule nervoso agita su mazzuccu (bastone), tiene legato su boe ad una fune e cerca di limitare la sua indisciplina con su mazzuccu o sa soca (frusta di cuoio). Su boe si ribella, si getta sugli astanti e si calma solo quando gli viene offerto da bere.
L’assocciazione culturale Boes e Merdules si è costituita nel 1973 ad Ottana con l’intento di valorizzare le tradizioni carnevalesche, L’Associazione si propone come centro propulsore e organizzatore di varie iniziative di carattere culturale e sociale.
L’ORIGINE DELLE MASCHERE
L’origine di questa cerimonia risale ai riti apotropaici delle antiche civiltà del Mediterraneo. La teoria oggi più accreditata per la spiegazione del carnevale di Ottana è, infatti, quella di un rito in onore del dio Dioniso, che ogni anno rinasce a primavera, risvegliando la terra e la vegetazione, e la cui propiziazione era indispensabile per ottenere piogge e raccolti abbondanti. Ma le caratteristiche del carnevale ottanese conducono anche al cosiddetto “culto del bove”, praticato sin dall’età neolitica in tutte le società agropastorali del Mediterraneo antico, dove il toro era simbolo di forza, vitalità, fertilità. Il rito avrebbe una funzione apotropaica, praticato per proteggersi dagli spiriti maligni e propiziare la fertilità degli armenti.
LA VESTIZIONE DELLE MASCHERE
Sos Boes indossano pelli bianche di pecora e una maschera di pero selvatico (carazza ’e boe) dalle fogge bovine, da qui il suo nome, con intagli realizzati con lo scalpello. Sul capo ha su muccadore femminile nero e sulle spalle un grappolo di campanacci di bronzo (sas sonazzas o su erru).
Sos Merdules indossano bianche pelli di pecora (sas peddes), portano sul capo un fazzoletto femminile nero (su muccadore), e sul viso hanno una maschera nera antropomorfa (sa carazza) in legno di pero selvatico, dall’espressione impassibile; sovente la maschera è resa deforme da bocche storte, denti in evidenza o nasi lunghi e adunchi. Hanno in mano un bastone (su mazzuccu) e una frusta di cuoio (sa soca). Non portano campanacci. Hanno gambali in cuoio (sos gambales) e calza sos cusinzos o bottinos. A differenza dei boes, i merdules indossano uno zaino di cuoio detto “taschedda”.
LA MASCHERA FEMMINILE
Sa filonzana è una figura femminile dal significato più complesso, rappresenta una donna triste che fila la lana con il fuso, che rappresenta il filo della vita e minacciando il taglio dello stesso evidenziando la caducità e la fragilità della vita umana. Sa Filonzana è dotata di gobba e impersona un’altra delle Parche. Alcune testimonianze ricordano che anticamente veniva rappresentata anche sa Partorja (la partoriente), la quale mimava l’evento della natività, come l’ultima delle tre Parche greche, dando alla luce un pupazzo di stracci.
Quando la maschera de su Boe cade a terra, lei gli si siede accanto e continua imperterrita a filare. La pantomima procede al ritmo de s'affuente, un piatto di bronzo che è fatto risuonare con una grossa chiave, e di uno strumento detto su zirodde, una sorta di tamburo di sughero ricoperto di membrana di pelle da un lato. È un tamburo che non viene percosso: il suo suono è un lungo lugubre lamento prodotto tirando lo spago legato alla membrana.
Sassari, 22 febbraio
Ufficio Comunicazione Dinamo Banco di Sardegna