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14 Jan 2020

In esclusiva per Dinamomania il padre fondatore Rosario Cecaro racconta i sessant'anni di storia biancoblu

Lo sappiamo tutti che esiste lo “stellone” d’Italia, che non è solo un simbolo e che ogni tanto ha funzionato nella protezione del Bel Paese? Ma sappiate che esiste anche una stellina che da 60 anni accompagna la Dinamo e che ha operato piccoli ma fondamentali miracoli. Proviamo a raccontarli.

La fondazione della Dinamo è riportata in diversi libri e anche nel sito web della società. Vi sono, tuttavia, particolari curiosi che sono inediti. Sessanta anni fa, più o meno in questi giorni, gli studenti del liceo Azuni organizzarono uno sciopero di protesta per la ritardata accensione dei termosifoni e la Quinta E ginnasiale aderì compatta, come sempre. 

“Ovviamente scegliemmo una bella giornata, con il sole e l’aria tiepida” ricorda Graziano Bertrand, uno dei fondatori della Dinamo. “Uno del gruppo, Antonio Lavosi (altro fondatore – ndc) era arrivato con un pallone di calcio: la protesta non fu proprio improvvisata. Ci incamminammo verso le scuole elementari di San Giuseppe nel cui cortile c’era un campo di basket, e con quel pallone cominciammo a giocare e a tirare a canestro. Cominciò tutto così”.

Nella via Manno, poco distante da San Giuseppe, vi era un locale di proprietà della famiglia di Giovanni Pilo (che sarebbe diventato il primo presidente della Dinamo) momentaneamente vuoto e che, pertanto, poté essere utilizzato da quel gruppetto di studenti come punto d’appoggio.

C’era una sede provvisoria e c’era il campo di San Giuseppe dove si poteva entrare, abusivamente e disputare epiche sfide tra la Quinta E (ginnasio) e la Prima E (liceo): perché non organizzarsi meglio e costituire una società? 

L’dea venne a Piero Baraccani che già allora era un capace pianificatore e fu il segretario della società finché rimase a Sassari: predispose lo Statuto e il 23 aprile del 1960 la Dinamo fu fondata da dieci studenti della Quinta E. Dapprima, le cariche furono distribuite tra i fondatori. Poco dopo, quando venne ampliata la platea dei soci, si svolsero le elezioni, con tanto di campagna elettorale (“non fessi non cani vota Bertrand e Baraccani” era uno degli slogan, stampato sui volantini). Presidente fu eletto Giovanni Pilo, che era il più rappresentativo; la scelta di Piero Baraccani segretario era naturale, quasi obbligata; cassiere, incarico delicatissimo, fu affidato a Graziano Bertrand, che avrebbe dimostrato doti di fantasia finanziaria. Del direttivo facevano parte Bruno Sartori e Roberto Centi (vicepresidente) che giocarono anche nel primo campionato della Dinamo. Chi scrive fu eletto consigliere (e, tre anni dopo, vicepresidente, quando Centi partì da Sassari).

Poco tempo dopo la fondazione, Giovanni Pilo riuscì ad ottenere in uso la palestra ex Gil (ubicata sul retro del cinema Astra) e fu un piccolo miracolo perché allora gli impianti sportivi scolastici erano chiusi ai privati. “L’attività vera e propria poté cominciare – ricorda ancora Bertrand – quando ci arrivò un contributo di 100 mila lire dalla provincia e, di poco inferiore, dal comune. Riuscimmo così a prendere in affitto la prima vera sede, in via Roma (nell’edificio antistante l’ex bar Bellu – n.d.c) e a pagare le spese per l’uso della palestra”.

Da subito la Dinamo cominciò a pensare al futuro e a organizzare le prime leve giovanili. “Fui uno dei primi acquisti – ricorda Giuseppe Pilo -. Nel 1962 avevo 16 anni e non avevo mai giocato a basket. Ma ero alto 1,84 e così fui scoperto e ingaggiato da Roberto Centi. Ma pagavo per giocare: presi la tessera della società e versavo le quote.”

Allenatore dei giovani era Pino Aricò, ex cestista della Torres, ottimo conoscitore dei fondamentali del basket e figlio d’arte: il padre, venuto a Sassari come direttore della Banca Nazionale del Lavoro, era anche consigliere della FIP e, dunque, tra le massime autorità della pallacanestro nazionale. 

Faticosamente, pescando tra i soci, si raccolse la squadra che partecipò al primo campionato regionale. Ma proprio qui si ebbe la svolta quando, miracolosamente, arrivarono i giocatori veri.

Rosario Cecaro