Ha appena firmato un contratto che lo legherà alla Dinamo Banco di Sardegna fino al 2020. Abbiamo chiesto a Matteo Boccolini di raccontarci perché ha scelto ancora la Sardegna, quale sia il suo rapporto con l’Isola e cosa lo leghi alla Dinamo oltre il lavoro.
Che tra la Sardegna e Matteo Boccolini sia scoppiato l’amore lo si intuisce subito, ancor prima di scorrere i suggestivi scatti che “Bocco” pubblica sui social network, assecondando una delle sue grandi passioni qual è la fotografia. Lo si capisce dal sorriso che ha sempre quando lo incontri, dalla familiarità quando cammina per le strade di Sassari. E se ci fossero dei dubbi le risposte sono tutte nel tatuaggio, una Sardegna stilizzata sul braccio destro, che ripercorre il perimetro dell’Isola con la frase di una canzone a lui molto cara: “Non ci sono percorsi più brevi da cercare, c’è la strada in cui credi e il coraggio di andare”.
Matteo Boccolini, classe 1974, è arrivato a Sassari nel 2010 dopo una lunga militanza nella pallacanestro femminile, nelle Marche, centrando con la Nazionale femminile la medaglia d’argento agli Europei Under 16 del 2008. Nato a Porto San Giorgio quarantuno primavere fa, Matteo si è inserito perfettamente nello staff biancoblu, diventando una pedina fondamentale e preziosa della squadra campione d’Italia. Ieri il preparatore atletico marchigiano ha firmato un contratto che lo legherà alla società di Stefano Sardara fino al 2020. “Sono felice, era quello che desideravo quindi quando mi è stato proposto non ho avuto dubbi e ho accettato” ha commentato a caldo, appena arrivato a Cantù dove stasera i giganti affronteranno l’Acqua Vitasnella.
Cosa ha trovato a Sassari cinque anni fa?
“Quando sono arrivato a Sassari è stata una scommessa sia per me che per la società, non posso che ringraziare Stefano Sardara che ha creduto in me e continua a crederci esattamente come coach Meo Sacchetti. Sono forse le due figure più importanti con le quali lavoro e ho trovato grandissima intesa. Credo sia stata davvero brava la società ad appoggiare il nostro lavoro in questi anni, fornendoci mezzi e strutture per crescere. Sono convinto che oggi a Sassari ci sia un’altissima qualità del lavoro, anche grazie agli specialisti, figure fondamentali e complementari alla mia, che abbiamo a disposizione con uno staff di prim’ordine. La giusta sinergia con allenatori e vice allenatori poi crea un mix perfetto. Credo onestamente che Sassari sia il top sia come gestione delle risorse e del punto di vista tecnico”.
Che obiettivi personali si pone per il prossimo lustro?
“Secondo me bisogna essere sempre ambiziosi, certamente sarà difficile migliorare quanto fatto lo scorso anno ma non ci si può fermare né fare un passo indietro. L’obiettivo è migliorare come staff e io personalmente come professionista. È nelle intenzioni della società continuare a crescere. La Dinamo offre ai suoi atleti una struttura che lavora bene e in maniera competente, seguendo il giocatore in ogni suo passo. In questo è fondamentale la fiducia che la società trasmette a chi lavora, dandogli i mezzi giusti. Alla fine è il giocatore ad avere il riscontro del lavoro fatto e se si trova bene diventa un biglietto da visita”.
Qual è la chiave per fare bene il suo lavoro?
“Non accontentarsi mai, personalmente mi ritengo una persona fortunata perché amo il mio lavoro e lo faccio nel miglior posto dove potrei farlo, dove sto bene sia da un punto di vista umano che professionale”.
Dai numerosi scatti emerge un rapporto speciale con la Sardegna..
“Dico sempre che la Sardegna o ti rende prigioniero o ti rende libero. A me personalmente ha reso libero, forse perché vengo da una città di mare. Qui ho trovato una seconda casa, persone che sono diventate una famiglia legandomi ancora di più a questa terra. Credo di essere cresciuto molto, è un’isola che da tanto. Sono convinto che i sardi devono passare dall’essere orgogliosi all'essere più ambiziosi. Amo il loro senso di appartenenza, che sento un po’ mio, ma credo debbano prendere consapevolezza della loro forza e dei loro mezzi. Quello che abbiamo fatto noi come squadra lo scorso anno deve essere un motivo di sprono per tutto il popolo sardo, non ci si deve accontentare mai”.
Ci regala un frame di questo primo lustro a Sassari?
“È legata a un momento molto difficile della mia vita, quando sono tornato in Sardegna dopo il funerale di mio padre: qui ho sentito il calore delle persone che mi vogliono bene, mi sono sentito protetto e avvolto da un abbraccio virtuale del popolo biancoblu. Mi ha dato grande forza. Come dice il mio amico Alessandro ‘Sono un sardo nato altrove”.
E l’immagine simbolo per lei del triplete?
“Sono molto legato ai valori della famiglia quindi non ho dubbi: la telefonata a mia madre dopo gara 7 a Reggio Emilia”.
Sassari, 12 ottobre 2015
Ufficio Stampa
Dinamo Banco di Sardegna