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12 Mar 2016

Jorge Sanchez si racconta. A otto anni la diagnosi di una grave malattia e la perdita di un gamba: “Non lasciate che qualcuno vi dica che è impossibile conquistare ciò che volete

Ci sono storie che meritano di essere raccontate, storie di coraggio e determinazione che sono esempi di lotta quotidiana per chi vive un momento di difficoltà o, in alcuni frangenti, si sente oppresso dai problemi. Una di queste è quella di Jorge Sanchez, giocatore americano in forze alla DinamoLab, squadra biancoblu al suo primo anno nella massima serie di basket in carrozzina. Che Jorge sia uno speciale te ne rendi conto perché in cinque mesi non è mai capitato di vederlo arrabbiato o rabbuiato, anche quando sul campo il divario con alcune squadre è oggettivamente enorme. Il numero 15 sul campo è un lottatore, uno che non molla mai e, nonostante parli una lingua diversa dai suoi compagni, non manca mai di spronare la squadra. Jorge, classe 1992, punti 4, ha la gamba sinistra amputata da quando aveva 8 anni: la sua incredibile esperienza di vita racconta di un bambino coraggioso e indomito, supportato da una grande famiglia.

“A otto anni mi è stato diagnosticato un cancro: sarcoma osteogenico nel mio femore sinistro. Avrei potuto tenere la mia gamba, ma il cancro avrebbe potuto ripresentarsi con una probabilità del 50 per cento  l'altra opzione era quella di amputare la gamba sopra il ginocchio con una probabilità del 5 per cento di recidiva per i primi 5 anni, percentuale che poi è scesa a 1 per cento _racconta_ Sebbene fossi molto piccolo la mia famiglia mi ha dato la possibilità di decidere cosa volessi fare. Ho scelto di amputare la gamba nell’ agosto del 2000 e poi sono iniziate le complicazioni. Sono stato in coma per tre mesi dopo l'amputazione e il medico ha detto a mia madre che sarebbe stato molto difficile che ne uscissi, non finché non avessi deciso di farlo. Dopo tre mesi mi sono svegliato dal coma e ha continuato con la chemioterapia per altri 6 mesi. Una volta concluse le terapie sono entrato in remissione per cinque anni. Ora sono al 100% libero dal cancro e soprattutto sono libero di vivere la mia vita al massimo”.

Il basket nella vita di Jorge ha avuto un ruolo fondamentale: “Gioco a basket da undici anni: ho iniziato a giocare nel mio Stato, la California, per il programma B.O.R.P. Ho giocato lì per quattro anni poi ho ricevuto una borsa di studio per l'Università del Texas, ad Arlington. In un primo momento è stato difficile stare lontano dalla famiglia, da casa, in un nuovo paese e cercando di conciliare la scuola, la vita di tutti i giorni e la pallacanestro. Sono stato il capitano della mia squadra per tre anni e in tutti questi tre anni ho condotto la mia squadra al primo posto dello stato. Sono stato il terzo marcatore del First All Team e nell’anno da senior il miglior marcatore dello stato. Dopo aver giocato per UTA ho giocato per un anno con i Dallas Mavericks in carrozzina. In quella stagione abbiamo chiuso imbattuti con un filotto di 28 vittorie e abbiamo conquistato il campionato nazionale contro gli ex campioni nazionali e il miglior giocatore di sempre, Patrick Anderson. Nel 2013 ho fatto la mia prima apparizione con la Nazionale Usa paralimpica e abbiamo vinto l'oro alla Coppa America. Sono stato il capitano della nazionale under 23”.

Anche quest’estate Sanchez vestirà la maglia della Nazionale americana, in vista delle Paralimpiadi di Rio: nella pausa delle vacanze è volato negli States per la qualificazione con il team a stelle e strisce e ha dato talmente tanto sul campo che per qualche giorno non ha potuto giocare a causa di una infiammazione alle mani dovuta al troppo spingere sulle ruote. “È un onore e un privilegio giocare per il mio Paese ed essere considerato tra i migliori 12 giocatori di una nazione come l’America. Sono molto eccitato e motivato in vista di Rio, voglio aiutare il team USA a vincere una medaglia d'oro. Sono passati 28 anni dall’ultima volta e io, insieme a undici fratelli e compagni di squadra, abbiamo la possibilità di rompere quella striscia negativa e scrivere la storia. È un'opportunità che non arriva a tutti, mi considero benedetto e sono molto eccitato all’idea di avere questo privilegio”.

Sebbene sembri un veterano del campionato italiano questa è la sua prima stagione in Europa: attualmente è al quarto posto alla voce marcatori, con 16.61 punti di media in 13 match, nei primi 10 per rimbalzi e in top 5 alla voce assist. “All'inizio ero molto nervoso, non sapevo cosa aspettarmi. Il campionato italiano potrebbe essere il più forte e impegnativo del mondo. È bello confrontarsi con i migliori giocatori di tutto il mondo e avere un banco di prova, per il mio talento e la mia preparazione, sul campo. Fino a questo autunno nessuno sapeva chi fossi in Europa, qualcuno mi ha definito la ‘sorpresa del campionato’ ma io so di aver lavorato duramente per arrivare dove sono”.

Con la Sardegna è stato amore a prima vista: “Amo davvero quest’isola così magica, credo di non poter chiedere di più dalla vita: gioco a basket, ciò che più amo al mondo, su un'isola italiana. Il cibo qui è incredibile, adoro tutto: il pane, i formaggi, la pasta, i dolci e la pizza sono assolutamente incredibili. Sono diventato letteralmente dipendente dal vostro caffè, è fantastico. I miei genitori sono messicani e la cultura italiana è molto simile a quella messicana, questo mi ha aiutato molto ad adattarmi alla vita qui. Tutti in Sardegna sono molto cordiali e questo facilita tanto le cose”.

La DinamoLab ha fatto un ottimo esordio in serie A, imponendosi come sorpresa del campionato nonostante qualche difficoltà. Oggi è al 6° posto della classifica, a quota 12 punti, con un piede già nella salvezza. “È una stagione di alti e bassi: io sto cercando di abituarmi allo stile di gioco di tutti, nonostante la lingua costituisca una difficoltà sul campo. Sono molto grato alla mia squadra, loro sono la mia famiglia qui, i miei fratelli, e io sono davvero felice di disputare a Sassari la mia prima stagione all’estero. I miei compagni mi hanno accolto a braccia aperte e mi hanno aiutato moltissimo a migliorare il mio gioco. Il coach è una persona incredibile, con cui si può parlare davvero di qualsiasi cosa! Claudio (Spanu, ndr), il nostro capitano, mi ha aiutato moltissimo ad adattarmi dentro e fuori dal campo: non sarò mai abbastanza grato ai miei compagni. Stiamo lavorando duramente per migliorare e continuare a fare tanto rumore nella massima serie”.

Chi incontra Jorge si rende conto della carica di positività che questo ragazzo, quasi ventiquattrenne, porta con sé: chi meglio di lui per lanciare un messaggio di speranza a chi vive un momento di difficoltà? “Ognuno di noi incontra delle asperità e degli ostacoli sulla propria strada, sono cose che vanno affrontate: la mia vita sicuramente non è stata facile, ma questi momenti difficili mi hanno fatto capire che l’unica cosa importante è non rinunciare mai ai propri sogni, ai propri obiettivi. Non fatevi dire da nessuno che è impossibile ottenere ciò che la vostra mente si è imposta di conquistare. Se veramente si vuole qualcosa non bisogna mollare mai e andarsela a prendere, sudarsela, nonostante le difficoltà. Never give up!”

 

Sassari, 12 marzo 2016

Ufficio Stampa

Dinamo Banco di Sardegna