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13 Mar 2020

Il racconto di un tifoso della notte di Gara 7 finale scudetto con Reggio Emilia

Lo sanno in pochi ed ora lo dico pubblicamente: io gara 7 con Reggio non l'ho vista in diretta. 

Però ci ho provato. Quella sera uscii di casa per andare a vederla in Club House ma arrivato in piazzale Segni fui preso da una sorta di preoccupante agitazione. E così feci rotta su Alghero. Parcheggiai l'auto e iniziai a passeggiare sui bastioni. La partita era appena iniziata ma lì, sui bastioni, la gente, per lo più stranieri, era impegnata a mangiare le specialità catalane. 

Il tempo scorreva lento, troppo lento e allora entrai nella città vecchia. Fu un errore, un tremendo errore. In ogni ristorante c'era un televisore acceso che trasmetteva la partita. 

Lasciai Alghero e puntai verso Osilo. Arrivato in paese il silenzio era totale ma, porca pupazza, eccolo lì il maledetto unico bar col televisore a manetta. Sgommai immediatamente: direzione nido dell'Aquila, quota quasi ottocento metri.

Silenzio totale. Le ventidue e trenta. Cosa starà succedendo giù nella città che vedevo illuminata?

Salii alla chiesetta e invocai il dio del basket. Lo so, probabilmente lo stavano invocando anche a Reggio ma io ero più in alto, molto più vicino e sicuramente sarei stato più convincente.

Quando ritenni che la partita stesse per finire iniziai a scendere verso la città. Ogni tanto mi fermavo, spegnevo il motore e tendevo l'orecchio. Nulla. Solo grilli che frinivano. 

Ad un tratto non ce la feci più e accesi il cellulare precedentemente spento e chiuso col lucchetto. L'aggeggio inizio ad animarsi di vita propria. Due milioni di messaggi tentavano di catturare la mia attenzione. Non degnai loro di uno sguardo. Era tutto chiaro.

Mi fiondai alla Club House non prima di aver indossato la maglietta celebrativa che una coraggiosa amica mi aveva dato qualche giorno prima. 

Il resto lo sapete perché anche voi eravate lì.

Gavino Contini

Sassari, 13 marzo 2020

Ufficio Comunicazione

Dinamo Banco di Sardegna